La tragedia di Rindt.
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Jochen
Rindt con la moglie Nina |
"E' troppa questa
fortuna. Comincio un poco a preoccuparmi perché potrebbe non continuare."
Risuonano beffardamente amare queste parole di Jochen Rindt,
che così commentava la stagione che, fino a quel momento, lo stava consacrando
tra i grandi piloti della storia. Nel campionato del mondo del 1970, il
pupillo di Colin Chapman la fortuna se l' era però meritata, anche perché la
sorte aveva un debito enorme con lui.
Nato a Mainz, in Germania, il 4 aprile 1942, dopo pochi mesi di vita aveva
perso i genitori, morti ad Amburgo sotto un bombardamento . Venne così
affidato ai nonni che abitavano a Graz, in Austria e in Austria Rindt
trascorse quasi tutta la sua vita, rimanendo cittadino Tedesco.
Dopo il liceo, nel 1962 comincia a correre con una Alfa Romeo Giulietta T1
preparata da Conrero. Si rivela ben presto un pilota di talento e grintoso,
uno che o "vince o rompe" ma, all'occorrenza, in grado anche di ponderare bene
i limiti della vettura, tanto è vero che nel 1965 con una 250 LM., in coppia
con Masten Gregory, firmerà l'ultima vittoria della Ferrari nella 24 ore di Le
Mans. Intanto diventa il padrone incontrastato della Formula due, dove miete
vittoria dopo vittoria, diventando il maestro della categoria.
In Formula uno aveva esordito a Zeltweg con una Brabham BRM ma deve attendere
il 1969 per vincere il suo primo Gran Premio, quando, ingaggiato da Chapman,
trionfa a Watkins Glen con una Lotus 49.
Nel 1970 si aggiudica cinque Gran Premi, a volte in modo rocambolesco ma lui è
sempre in agguato, pronto ad approfittare del più piccolo errore dei suoi
avversari. La sua ultima vittoria, a Hockenheim, è forse la più bella ed
esaltante. Batte Ickx in volata, meritandosi dalla stampa italiana
l'appellativo di Jochen "GRINDT".
Ore 15.10, Rindt
firma un ultimo autografo. |
Dopo la vittoria in Austria di Ickx, i tifosi
della Ferrari attendevano con entusiasmo il Gran Premio d’ Italia ma per Rindt
la gara di Monza rappresentava solo una tappa di avvicinamento verso la
conquista del titolo mondiale.
A quattro gare dalla fine il pilota della Lotus è in testa alla classifica con
20 punti di vantaggio su Brabham, e l' alloro appare ormai a un passo.L' unico
ostacolo concreto è rappresentato proprio da Jackie Ickx, in splendida forma e
con una Ferrari molto competitiva ma attardato in classifica, con 26 punti di
distacco.
Alle ore 15 di sabato 5 settembre 1970 cominciano le prove decisive. La
giornata è calda e in pista scendono pochi piloti. Come spesso accadeva, chi
non ne ha urgente bisogno preferisce aspettare le ore più fresche della sera,
per cercare di spiccare i tempi migliori ma le prove del venerdì per Rindt non
erano state incoraggianti e sono circa le 15.15 quando decide di partire, nel
tentativo di trovare soluzioni che migliorino le prestazioni della sua Lotus
72.
Sopra
- Forse è l' ultimo passaggio in Parabolica del pilota austriaco con la
72, cui sono state " tarpate le
ali" per ricercare una maggiore velocità di
punta Paradossalmente Rindt soffriva di " mal d'auto"
e
tollerava il casco integrale solo sui circuiti meno tortuosi, come
Hockenheim e Monza. |
Conclude il primo giro in 1’40”78, il secondo
in 1’27”59, poi 1’27”24 e ancora 1’26”75. Inizia il quinto giro. Sono
le 15,25, la lotus 72 si avvicina alla parabolica, ad alcuni pare
ondeggiare, forse è una normale manovra ma poi punta decisamente a sinistra
verso il guard-rail. Alle sue spalle c'è Denny Hulme con la McLaren che così
ricorda ciò che vide:
" La vettura andò leggermente a destra, poi a
sinistra e poi di nuovo a destra...dopo si spostò bruscamente a sinistra e
stava iniziando un testa-coda quando urtò il guard-rail".
Ecco invece il racconto dell' incidente nella testimonianza di
alcuni spettatori:
" Vediamo arrivare Rindt, molto, molto forte, tutto
alla destra della pista. L’auto non sbanda affatto, si ode uno strano, sordo
indefinibile rumore, poi, paradossalmente, prende per la diagonale e si
pianta sotto il guard-rail, esattamente a due metri da noi. Ci buttiamo
tutti quanti a terra, per paura che la Lotus scoppi. Durante l’ improvviso
sbandamento l’auto è stabile, non frena, pare una traiettoria voluta tanto è
macabramente sicura. Rindt è altrettanto composto nell’abitacolo, sull’erba
restano i solchi appena accennati degli ultimi metri. Poi la carambola che
riusciamo solo a intravedere nel polverone. Sul luogo dell’ impatto
rimangono parte dell’avantreno, del musetto, del volante contorto e la ruota
anteriore sinistra, che si è infilata sotto il guard-rail ed è strisciata
circa due metri avanti."
La vettura quindi, dopo alcune sbandate , si sarebbe diretta
decisamente sulla propria sinistra fino ad urtare il guard-rail e
infilandosi sotto di esso. Dopo aver strisciato per un paio di metri avrebbe
incontrato un palo di sostegno della rete, perdendo a questo punto l'intero
avantreno.
Ecco
il dettaglio del punto di impatto. Sul luogo, affondata in una buca, è
adagiata la ruota sinistra, mentre il volante con parte dell'avantreno
sono nascosti dal guard rail.
L' angolo d' impatto non era particolarmente accentuato ma,
incastrandosi sotto la barriera, la vettura ha fatto perno attorno al
palo, aumentando la decelerazione e danneggiandosi gravemente.
La buca che ha favorito la fatale dinamica è probabilmente opera di
qualche spettatore, scavata forse per poter invadere la pista in
occasione della Mille chilometri corsa in aprile, ed ora tragica
testimonianza dell' irresponsabilità. |
Per la violentissima decelerazione Rindt ha
subito ferite mortali e quando arrivano i soccorsi già non perde più sangue,
segno evidente che il suo cuore si è fermato. Si tenta subito una disperata
rianimazione sull’autoambulanza che lo trasporta al pronto soccorso
dell’autodromo e pare che ci sia una flebile reazione ma è solo un attimo.
Rindt muore durante il trasporto.
Nei box della Lotus si attende invano che la vettura numero 22 sbuchi dalla
parabolica. Si intuisce subito che è successo qualcosa e Jackie Stewart,
caro amico dei coniugi Rindt, corre a informarsi. Quando ritorna si avvicina
a Nina delicatamente:
"Vieni Nina, Jochen si è fatto male".
Il procuratore della Repubblica dott.Recupero
avvia immediatamente l'inchiesta per stabilire le cause dell'incidente e
incarica l' ing Giovanni De Riu di analizzare i rottami della Lotus 72. Dopo
quattro mesi consegnerà un voluminoso incartamento dal quale emergono le
responsabilità dei tecnici Lotus.
Lunedì 14 settembre venivano aperti i sigilli del garage numero 5 che
conservava i rottami della vettura di Rindt e si procedeva agli esami
preliminari. Ad essi era presente anche Giuliano Orzali, apprezzato tecnico e
giornalista, il quale così ricorda ciò che vide:
" Entrambi i semiassi erano a pezzi e così pure tutta
la sospensione anteriore. Una delle pinze era ancora attaccata al suo disco,
che reggeva un albero quasi intatto, rotto verso l'estremità esterna. Si è
ritenuto che si trattasse del pezzo di destra. La ruota di destra aveva ancora
il supporto completo con mozzo e sporgeva un corto pezzo d'albero. Guardando
da vicino il punto dove l'albero cessava, si sarebbe detto che qualcosa si
fosse strappato, dato che la linea di frattura era di sghimbescio (vale a dire
a "bisello", come si verifica, in particolare, nelle rotture da torsione). L'
albero del freno anteriore, spezzato tanto vicino alla ruota anteriore destra,
significava che la Lotus era rimasta con una azione frenante priva di
equilibrio in un momento molto critico, ad alta velocità e diretta verso
sinistra."
Se la causa dello sbandamento e uscita di pista
della Lotus è da attribuirsi alla rottura dell'alberino del freno destro, la
morte di Rindt è stata però causata dal guard-rail. L'angolo d'impatto non si
presentava particolarmente accentuato ma, come si nota nelle fotografie, la
barriera era troppo sollevata da terra anche a causa di una buca, così che la
vettura si poté infilare sotto finendo poi per incastrasi contro un palo di
sostegno e subendo una decelerazione troppo violenta per il corpo umano.
Il 10 marzo 1971, al salone dell'auto di
Ginevra, Nina Rindt e la piccola Natascia, figlia di Jochen, ritirano il
"Casco d'oro" della rivista Autosprint Natascia volle subito solo per sè
il riconoscimento vinto dal papà.
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Luigi P.
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