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La vettura bianco blu alle Acque Minerali uscì
di pista in una fumata di polvere. Dalle tribune le bandiere rosse che animano i circuiti
di tutto il mondo, ma che solo a Imola e a Monza sanno essere crudeli e
commoventi allo stesso tempo, si alzarono gioiosamente al cielo
accompagnate dal boato del pubblico. Patrick Tambay stava onorando la
memoria di Gilles Villeneuve. Su un muretto delle Acque Minerali Riccardo
Patrese stava assaporando, tra i fischi e lo sventolìo di bandiere rosse,
quanto è amaro essere piloti italiani su circuiti ferraristi. Quando penso
alla carriera di Riccardo Patrese il ricordo vola sempre a quella giornata
di Imola, perché anch'io ho fatto un salto di gioia vedendolo uscire di
pista. Perché invece di pensare al trionfo di un pilota italiano esigevo
la memoria di un pilota canadese volato via. E' stato "il senso di colpa"
di quel pomeriggio romagnolo a render caro alla mia memoria Riccardo
Patrese, uno dei migliori e più sottovalutati piloti italiani degli ultimi
anni, il decano di tutti i piloti della Formula 1. Le sue 256 presenze
sono ancora oggi un record lontano da ogni possibilità di essere battuto. Nella sua lunghissima carriera Rick ha corso per le squadre di serie B e per i top team, distinguendosi sempre per tenacia, velocità e sfortuna. Ha conosciuto la delusione delle promesse non mantenute e l'euforia della vittoria, la crudeltà dei colleghi e il rispetto e la stima dei top manager. Non ci sono imprese epiche né grande fortuna nel passato del ragazzo di Padova. All'inizio della carriera correva per squadre disastrate che ne rendevano difficile la visibilità, ma è riuscito, nonostante tutto, ad affacciarsi alla pole position con la Arrows dei primissimi anni '80. Non ha mai goduto di buona stampa: il suo carattere chiuso, la timidezza e la sfortuna, davvero tanta, tenace e incredibile, gli facevano preferire altri colleghi. E a metà degli anni '80 il pubblico e i media italiani gli preferivano Michele Alboreto, tanto popolare e sopravvalutato perché correva per la Ferrari infelice del dopo-Villeneuve. E poi, quando al termine della carriera, è approdato in un top-team e ha potuto esprimere se stesso e il proprio talento, era in squadra con Nigel Mansell, l'unico pilota che abbia saputo stringere, per qualche arcana ragione, un rapporto di amore e odio tanto intenso con Frank Williams. Ma a leggere bene gli anni di Riccardo Patrese
si trova tanta storia della Formula 1 moderna. E ci sono tre momenti
indimenticabili, tutti, è nello stile del vecchio Rick, negativi per lui.
Sono Monza '78, Imola '83 ed Estoril '92. A Monza Riccardo fu vittima
della peggiore vigliaccata che i piloti di Formula 1 e la loro
associazione abbiano mai commesso nei confronti di un collega.Ricordo la confusione e l'incidente che coinvolse un numero incredibile di
vetture.Il giorno dopo Ronnie Peterson, uno dei piloti più
apprezzati di quegli anni, morì all'ospedale Niguarda per le conseguenze
di quell'incidente e nel dolore di quella morte il suo Paese, la Svezia,
rinunciò alla Formula 1. Riccardo fu accusato dai colleghi di aver
innescato l'incidente con una manovra azzardata e fu considerato per gli
anni successivi "il colpevole" della morte di Ronnie Peterson.
L'associazione Piloti gli impedì di prendere parte al Gran Premio
successivo. Patrese aveva allora 24 anni ed era uno dei piloti più giovani
della Formula 1. Chissà quanta determinazione, quanta calma e quanta
conoscenza di sé, in lui,
Non si può dire che la sua carriera abbia subito il declino. Rick ha lasciato al momento giusto. Approdato alla Benetton alla vigilia dell'era Schumacher, a quasi 40 anni, affettuosamente chiamato "il nonno", stimato, rispettato e ancora nel block-notes dei top-manager più importanti, ha preferito lasciare il Circus con i suoi record e la sua lunghissima storia di pilota italiano e per questo non troppo fortunato. Del resto il mito non si allea mai con la fortuna. di Laura Cardia per Autosportnews
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