I personaggi:
Andretti M. Ascari A. Clark J. Dennis R. Fangio J.M. Ferrari E. Forghieri M. Hamilton L. Hill G. Lauda N. Lotus Mansell N. Moss S. Patrese R. Peterson R. Piquet N. Prost A. Raikkonen K. Rindt J. Schumacher M. Senna A. Stewart J. Villeneuve G. Williams F.
I team storici:
Alfa Romeo B.R.M. Brabham Tyrrell
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nasce a Montona, Italia, il 28 Febbraio 1940. Al termine della
seconda guerra mondiale, la famiglia capisce che il paese in cui abitano è destinato a passare sotto la
Jugoslavia.
Decidono quindi di andarsene e passano diversi anni in un campo di profughi in
Toscana. Nel 1954 l’interesse di Mario alle gare di velocità lo porta a Monza
dove vede il grande Ascari competere nel Gran Premio d’Italia. L’anno successivo
emigra insieme con la famiglia negli Stati Uniti e trovano casa a Nazareth in
Pennsylvania.
Nel 1959 inizia a gareggiare sugli ovali
intorno a Nazareth con vecchia Hudson, insieme al suo gemello Aldo
che, però, è meno fortunato di lui in quanto un incidente sancisce la
fine prematura della sua carriera. Mario, comunque, prosegue. In un solo
giorno dell’autunno 1963 vince tre diverse gare su due piste differenti! Nel
1964 inizia a correre nella gare USAC con macchine sprint e nelle gare
Indy. Ma
deve ancora maturare e la 500 miglia di Indianapolis di quell’anno gli conferma
che ha bisogno di più esperienza di guida. Mario si mette d'impegno e quando
compete nella stessa gara l’anno successivo termina terzo e gli viene consegnato
il premio "Rookie dell’anno".
Andretti raggiunge il successo ad
Indianapolis molto presto vincendo la gara nel 1969 alla sua quinta
partecipazione ma, per quanto provi per oltre 20 anni, non riuscirà più a
vincerla. La carriera ad Indianapolis quindi non merita
certo di essere messa in evidenza ma è una dichiarazione precisa di quanto Mario
sia un pilota versatile. Nel corso di tutta la sua carriera è riuscito a vincere in
quasi tutte le competizioni su quattro ruote.
Quando sale per la prima
volta su di una monoposto di Formula Uno, Andretti è già vincitore della 24
ore di Daytona, vincitore della Coppa Sebring, due volte campione USAC e
quattro volte corridore alla 500 miglia di Indianapolis. L’occasione è a Watkins Glen nel
1968
su di una Lotus 49B e promette grandi cose. Col disappunto dei suoi avversari
guadagna la pole. Certo, dicono in molti, è il suo circuito di casa.... Ma in
realtà Andretti non ha mai corso a Glen prima. Sfortunatamente la gara lo vede
arrancare a causa di problemi meccanici della sua Lotus. Per le tre gare
rimanenti accusa sempre problemi meccanici ma le soddisfazioni se le prende,
sempre quell’anno, vincendo la 500 miglia di Indianapolis, il campionato USAC
per la terza volta e la famosa gara in salita di Pikes Peak!
Durante la
maggior parte dei suoi anni in Formula 1, Andretti è un pendolare d’eccezione ed
il suo vertiginoso avanti e indietro sull’atlantico fa sì che egli competa sia
nei Gran Premi che nelle gare USAC. Nel campionato di
Formula 1 del 1970 corre in 5 gare con la March e riesce a finire solo una gara
arrivando terzo in Spagna. In Sudafrica nel 1971, nella prima uscita con la
Ferrari, vince la sua prima gara. A questo fa seguire la vittoria di entrambe la
prove del Gran Premio, non valido per il campionato, di Ontario, una gara ibrida
che vede le vetture di Formula 1 confrontarsi con quelle di Formula 5000
statunitense. Nel corso delle stagioni 1971 e 1972 corre in altre 9 gare con la
Ferrari portando a casa solamente risultati mediocri.
Si sarebbe potuto scommettere che, entro il
1976, Andretti sarebbe stato destinato a fare grandi cose in Formula 1 e,
considerando l’estrema velocità di questo pilota, sarebbe diventato il cavallino
rampante di Maranello. Tuttavia questa previsione non si sarebbe mai avverata.
Lascia la Ferrari al termine della stagione del 1972 e per due anni corre con
l’ormai dimenticata scuderia Parnelli fino al suo scioglimento nel 1976 (salta
la stagione 1973 per concentrarsi sul campionato USAC). In quell’anno ritorna
alla Lotus che gli offre un’ulteriore possibilità in Formula 1. L’accordo tra
Andretti e Colin Chapman è un dono del cielo per entrambi, per Andretti che si
ritrova con la famosa Lotus 79 "effetto suolo" che gli consentirà di vincere il
Campionato del 1978, e per Chapman che ha bisogno di un pilota di esperienza e
con grinta per studiare e sfruttare a fondo la vettura.
Nel 1977 Chapman tira fuori dal cilindro la macchina
vincente con la V maiuscola: si tratta della Lotus 78. Con questa vettura
Andretti vince subito il Gran Premio di Long Beach e mette una seria ipoteca sul
mondiale anche se la stagione è minata da parecchi problemi dovuti alla nuova
versione del motore Cosworth.
Nella stagione
1978 Andretti e la Lotus agguantano una sola vittoria nelle prime 5 gare e a
Zolder fa il suo debutto la Lotus 79, l’ultima evoluzione del famoso effetto
suolo. Come una reminiscenza della Lotus 49 a Zandvoort 11 anni prima, la 79
agguanta la pole e vince la gara alla sua prima uscita. Con questa vettura
Andretti vince anche in Spagna, Francia, Germania e Olanda. Con una macchina
così superiore alle altre, l’unico e vero avversario di Andretti per la stagione
1978 è il suo compagno di squadra, lo svedese Ronnie
Peterson.
Andretti arriva a Monza con un vantaggio di
12 punti su Peterson. Alla partenza la vettura di James Hunt viene spinta contro
la Lotus di Peterson da un’altra monoposto. Peterson sbatte violentemente contro
la barriera Armco e la sua vettura si incendia e la gara viene interrotta con
bandiera rossa mentre Hunt, Patrick Depailler, Clay Regazzoni ed i commissari di
percorso lottano contro le fiamme ed il tempo per liberare Peterson.
L’incidente è spaventoso ma Peterson
viene ricoverato all'ospedale con solo alcune fratture agli arti e qualche piccola
bruciatura. Andretti fa la seconda partenza sperando in cuor suo che il compagno
di squadra stia bene.
Dopo aver inseguito e sorpassato Gilles
Villeneuve ed aver vinto la gara, Andretti viene però relegato al sesto
posto per partenza anticipata. Questa posizione è comunque sufficiente per vincere il Campionato.
Ma le condizioni di Peterson diventano gravi, le fratture agli arti gli provocano un'embolia: muore la
mattina successiva. Naturalmente questa notizia spegne subito la voglia di
festeggiare di Andretti per la conquista del titolo di Campione del Mondo. Con
il passare del tempo, comunque, nonostante Monza 1978 venga sicuramente ancora
ricordata come una delle pagine più nere della storia dell’automobilismo, a
tutt’oggi è più conosciuta come la giornata in cui Mario Andretti diventa il
secondo - e ultimo - statunitense a conquistare il titolo di Campione del Mondo
di Formula 1.
Andretti ha comunque vinto la sua ultima
gara di Formula 1. Corre ancora per altre 4 stagioni, 2 con la Lotus, una con
Alfa Romeo, 3 gare nel 1982 con la Williams e, ancora, con la Ferrari.
Quell’anno a Monza, nella sua ultima gara in Formula 1, agguanta prepotentemente
la pole per la gioia dei tifosi, inserendosi tra i più titolati piloti della
stagione e nel più classico stile Andretti: uscire con classe.
A 42 anni Andretti è ormai vecchio per la
Formula 1, ma la sua carriera agonistica è ben lungi dall’essere terminata. Per
più di dieci anni cerca nuovamente di vincere la 500 miglia di Indianapolis ed
ha il privilegio di correre ruota a ruota con suo figlio in Formula Indy. Nel 1992, all’età di
52 anni, si prende la pole al Michigan International Speedway
con una media superiore ai 350kmh!
Guidare vetture da corsa a prestazioni
elevate richiede uno sforzo fisico e psicologico non indifferente. Il solo
viaggiare a velocità così elevate stressa l’intero corpo del pilota e sono molte
le persone che si chiedono come possa ancora continuare Andretti alla sua
età.
L’italo americano Mario Andretti, con la sua pronuncia
strascicata e la sua leggendaria calma, dietro al volante di una monoposto
esprime un fiero spirito competitivo. Probabilmente nessun altro pilota nella
storia dell’automobilismo ha mai avuto così tanti successi simultaneamente su
tracciati totalmente diversi tra di loro e forse nessun altro pilota ha mai
avuto, come Andretti, una coesione così perfetta tra mente e fisico al servizio
delle gare. Nel corso di tutti questi anni Andretti non è mai stato petulante,
scriteriato o psicologicamente indifeso, cosa che non si può dire di molti
piloti di punta messi sotto pressione per la lotta per il titolo.
Dopo una carriera incredibile che ha
interessato cinque decadi, Andretti non è, alla fine, scomparso nel buio. Non
l’avrebbe mai tollerato. Ha vinto ancora a 53 anni a Phoenix nel 1993, l’anno in cui il figlio faceva la sua disastrosa stagione di Formula 1.
Questa è stata la sua ultima vittoria in Formula Indy.
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