Champagne d'annata e acqua piovana, ha un sapore dolcissimo questa domenica
di gloria per Sebastian Vettel. Perché vincere qui a Shanghai, sotto il
diluvio e contro avversari con macchine fino ad oggi ritenute inarrivabili,
era qualcosa da sognare la notte. Ma questo ragazzo dai modi garbati e
sicuri è uno che a realizzare sogni è abituato ormai: in molti dissero che
era l'erede di Michael Schumacher quando lo videro, l'anno scorso,
strapazzare tutti al Gran Premio d'Italia, portando il primo trionfo alla
sua micro scuderia: la Toro Rosso. Ora è stato promosso, è alla Red Bull. E
la sua vittoria, oggi, dimostra che quella promozione era più che meritata.
Ma dimostra anche molto di più e cioè che le Brawn Gp sono raggiungibili.
Che il diffusore dà un vantaggio competitivo, sì, ma che quel vantaggio è
colmabile, dal talento e dalla lucidità. Esattamente quello che manca alla
Ferrari di questo momento che ha chiuso la sua gara con un ritiro (Massa) e
un decimo posto (Raikkonen). La controprova è che alle spalle di Vettel non
è arrivato né Button né Barrichello (solo quarto e quinto), ma il suo
compagno di squadra Webber.
Con tutte le strategie della vigilia vanificate da una pioggia sottile e
incessante, con la visibilità ridotta a una specie di lotteria (chissà dov'è
la prossima curva?), con il circuito di Shanghai trasformato in uno
sterminato pattinoire, i piloti hanno dato vita a una gara più spettacolare
che avvincente, più incasinata che tecnica. Il primo ad arrendersi
all'impraticabilità della situazione è stato Trulli (letteralmente travolto
da Kubica), seguito poi da Massa (la sua Ferrari ha ceduto di schianto
rilanciando in un istante tutti gli interrogativi sulla qualità del lavoro
della casa di Maranello) e dal solito, inesistente, Piquet (sembrava uno
della scuola guida mentre sbatteva da tutte le parti). Ma anche gli altri
hanno avuto le loro difficoltà.
Tutti tranne lui, il piccolo Sebastian. Che ha guidato con una sicurezza
da veterano e che alla fine ha commosso tutto il box sussurrando via radio
una serie interminabile di "thank you, thank you" al suo team che venerdì
notte aveva lavorato sulla macchina fino all'alba.
Brawn e Red Bull - le due scuderie rivelazione di quest'anno - avevano
adottato strategie diverse alla vigilia, ciononostante si sono ritrovate lì
davanti a tutti a dare spettacolo dall'inizio alla fine, a passarsi e
ripassarsi per la gioia del bagnatissimo pubblico cinese. Uno scontro
terminato a 15 giri dalla fine quando il tedesco (appena uscito dai box) ha
infilato Button chiudendo di fatto il Gp. Il resto è stata una cavalcata
solitaria. Abbia valore simbolico che il sorpasso è avvenuto proprio mentre
quel che restava della Ferrari (dopo l'uscita ingloriosa di Massa), e cioè
una macchina rossa guidata da un'ombra finlandese, veniva mortificata prima
da tale Glock poi da Alonso.
Dietro le prime quattro, le due McLaren di Kovalainen ed Hamilton: la
scuderia anglo tedesca - appoggiandosi su due piloti presenti a sé stessi e
a una macchina sì inguardabile ma almeno corretta in corsa - è riuscita a
fare quello che, nei programmi, voleva fare la Ferrari e ha portato a casa
un 5° e 6° posto che in questo momento valgono oro.
Dietro, delusi, Alonso (9°, la pioggia gli ha mandato di traverso il week
end rovinandogli una strategia di gara dalla quale si aspettava molto, molto
di più) e Kubica (13° gran premio da dimenticare).
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